Parlare di diritto europeo al singolare significa riconoscergli un’unità complessiva individuabile al di sotto delle molteplici manifestazioni locali che lo compongono. L’unità obiettivamente riscontrabile discende da caratteristiche comuni, storicamente determinate, che formano la base del dialogo passato e presente tra i giuristi europei. Del diritto europeo è possibile indagare i fondamenti, le comuni fondazioni storiche, senza improbabili attualizzazioni di quanto è stato diverso e altro dal presente, ma ricercando nella documentazione che oggi rimane alcune radici, soluzioni, caratteristiche, idee che hanno condizionato e che in parte permangono o si ripropongono nella vicenda del diritto europeo. Il diritto europeo affonda le sue radici nel diritto romano, caposaldo e vertice della cultura occidentale, paradigma recuperato e reinventato a più riprese nella nostra storia giuridica, dotato di vigenza pratica in seno al sistema del diritto comune fino alle grandi codificazioni moderne e, in Germania, fino all’entrata in vigore del Codice civile tedesco, il Bürgerliches Gesetzbuch (BGB), nel gennaio dell’anno 1901. Usualmente, però, la trattazione della vicenda del diritto europeo prende avvio dall’epilogo della struttura politico-istituzionale dell’Impero romano d’Occidente. L’Impero romano, pagano, politeista, di predominante cultura grecolatina, rappresentava un’entità politica, amministrativa e militare con baricentro nel Mediterraneo e confini estesi dalla Scozia ai grandi fiumi della Germania centrale, dall’Eufrate alle montagne e ai deserti dell’Africa settentrionale. All’interno di tale cornice e sotto la guida di una élite di aristocratici romani e di notabili locali, vivevano sottomessi popoli eterogenei, diversi tra loro per istituzioni, lingua (anche se il latino dell’amministrazione e il greco della koinè avevano diffusione imperiale), religione e diritti, pur sotto la soggezione del diritto romano.