Nella sua memorabile Pianura proibita, Cesare Garboli prende in esame due termini: history e fiction, riconducendoli alla capacità di indicare, da parte del primo, le narrazioni di eventi storici, da parte del secondo, di fatti inventati. Ma Garboli sottolinea anche come oggi si sia portati “ad affermare se non a cancellare il discrimine tra i due termini […] Contro questa presa di posizione neo-scettica, o relativistica, si sono rigorosamente battuti Arnaldo Momigliano, e, con più vigore ancora, dopo di lui, Carlo Ginzburg, i quali hanno fatto osservare che la storiografia si fonda sui dati, e presenta molte più analogie con l’indagine poliziesca e l’inchiesta giudiziaria che non con la retorica…” È proprio ciò che emerge dalla lettura di questo saggio esemplare di Carlo Ginzburg, condotto con una linearità di pensiero e secondo un filo e delle tracce (volendo parafrasare il titolo di un suo recente volume) sicuramente degni di un’inchiesta di Simenon-Maigret. Ma c’è di più: è presente un’attenzione fondamentale ai “dettagli”, sia che si vogliano interpretare come “microstoria” (una categoria d’analisi che come noto ha reso celebre Ginzburg), sia come strumenti di comparazione utilissimi per annodare fili solo apparentemente sciolti. Può al proposito vedersi l’importanza di un termine (il verbo inglese to awe, incutere soggezione) che Ginzburg mostra qui essere centrale nel pensiero di Hobbes, importanza che non sarebbe emersa se lo storico non avesse scandagliati, comparandoli opportunamente, i diversi ambiti culturali in cui il termine stesso si era presentato alla “lettura” del filosofo inglese. Il processo di comparazione, nella sua più ampia accezione, non ha un ambito privilegiato di applicazione, ma è una metodologia generale di pensiero. In questo solco viene in mente un passo di Mimesis, opera celebre di Erich Auerbach e molto importante per la formazione culturale di Ginzburg (come mi è capitato di registrare direttamente dalle sue parole), opera che ha rappresentato un modello non solamente per gli studi filologici: “Il progresso delle arti negli ultimi due secoli consiste soprattutto […] in una formazione prospettica del giudizio che rende possibile accordare varie epoche e culture in base ai loro stessi presupposti e punti di vista, adoperarsi al massimo per scoprirli e mettere da parte come astorica e dilettantistica ogni valutazione assoluta del fenomeno che viene imposta a esso dall’esterno.” È soprattutto la ricchezza di prospettive d’indagine anche nella direzione indicata da Auerbach a caratterizzare l’opera di Ginzburg e a renderla così significativa e originale nel panorama d’oggi. Un celebre storico del ’900, Edward H. Carr, in un suo aureo volumetto che raccoglie Sei lezioni sulla storia risponde così alla domanda di cosa in fondo si debba intendere per storia: “ […] è un continuo processo di interazione tra lo storico e i fatti storici, un dialogo senza fine tra il presente e il passato”. Proprio come quello che qui ci presenta Carlo Ginzburg.
Ivo Iori - Introduzione al volume