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PARMA 2020
Un confronto a più voci verso il nuovo PSC
- 978-88-7847-325-6
- Costi Dario
- Costi Dario
- 2010
- 65
- Strumenti di Urban Center
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Decideranno gli storici con quale data simbolica segnare l’inizio della nuova epoca sulla quale ci stiamo affacciando: potrebbe essere il 2001 delle Twin Towers, o il 2008 della crisi finanziaria, o magari il 21 maggio 2010, data dell’annuncio della creazione della vita a partire dalla materia inerte, che noi tutti abbiamo appreso distrattamente dai notiziari e derubricato in un limbo tra fantascienza, curiosità, aggiornamento: ma questa volta non è fantascienza, è cronaca. E le sue conseguenze sono per noi oggi letteralmente inimmaginabili. Davanti a noi si apre un mondo basato sull’implementazione di risorse immateriali o rinnovabili, su un’idea di sviluppo sostenibile, e su un’idea inclusiva e comunitaria di società.
Si tratta di un cambio di paradigma avvenuto non solo per necessità, ma anche per evoluzione culturale e antropologica. E se dovessimo provare ad indicare ora quali saranno i luoghi cruciali di questo futuro? Sicuramente diremmo: le reti, quelle virtuali, quelle fisiche e quelle sociali. Parma è una città che, come la quasi totalità delle città dell’Italia e dell’Occidente, ha raggiunto la sua forma attuale attraverso le grandi trasformazioni dell’epoca industriale. È allora che nasce la città come la conosciamo oggi. E nasce come sistema razionale che deve rispondere ad alcuni problemi molto semplici: dare un posto in cui vivere a tutte le nuove persone che in breve tempo sono arrivate in città, gestire il traffico, creare dei servizi che si sostituiscano alle persone in tutte quelle mansioni che prima avvenivano dentro la famiglia: accudire ed educare i figli, curare gli anziani, darci le competenze necessarie per svolgere i nuovi lavori che la società industriale richiede. È così che la città prende la forma che conosciamo, la forma cioè di un sistema di residenzialità e traffico rispetto a cui i servizi, gli spazi, gli svaghi, il benessere, sono funzioni necessarie a garantire un equilibrio sociale.
La città moderna, allora, è la risposta urbanistica e socio-assistenziale di una società incentrata sostanzialmente sul lavoro, e in particolare sulla forma industriale del lavoro, che è la catena di montaggio. Questa è la città che ancora oggi noi abitiamo. Perché la città del 2000 non è diversa, nella qualità, nella logica, da quella del 1950. Ne costituisce solo una razionalizzazione, che ci consente di accogliere ogni giorno una popolazione di molto superiore al numero dei residenti. Oggi la città non è più dove si risiede per lavorare, ma per qualificare il nostro tempo, le nostre relazioni, le nostre occasioni di lavoro, per accedere a funzioni culturali uniche, incontrarsi, qualificare il tempo liberato dal lavoro, qualificare il tempo della famiglia. Ne deriva la criticità tipica di quelle epoche di passaggio che non sanno realizzare la transizione dal vecchio al nuovo e alimentano promesse e aspettative che non sanno mantenere.
Che cosa possiamo fare? Innanzitutto comprendere a fondo questi fenomeni e adeguare i nostri strumenti di comprensione perché non siano strumenti miopi. Inizieremo allora a vedere una cosa davvero importante: che tutti questi processi, colti nel loro insieme, vanno in un’unica direzione: fare più comunità, dove la dimensione della comunità rappresenta oggi quella vicinanza che manca nella società degli estranei, quelle radici che rischiano di perdersi nei flussi della globalizzazione, quella sicurezza che faticosamente si domanda a una società senza regole condivise, quei valori comuni a cui abbiamo rinunciato in nome del relativismo e dell’etica soggettiva. Fare comunità, ecco in un’unica espressione la meta, pur generale, che si delinea: più protagonismo delle persone, e più spazio alle forme della loro libera attività: la famiglia, l’impresa, le associazioni, l’arte e la comunicazione, per la costruzione e l’implementazione di un capitale sociale comune, per una maggiore integrazione tra etica ed economia, e un’idea più solidale e relazionale di benessere e di sviluppo. E la città? E in senso stretto, la sua forma? Alla sfida di un ragionamento sulla città che sia all’altezza di questi processi, noi abbiamo iniziato a rispondere così.
Pietro Vignali
Sindaco di Parma
creato: | martedì 29 giugno 2010 |
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modificato: | mercoledì 30 giugno 2010 |