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NUMERO 15: SEGNALI

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  • ISSN 18265367
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  • La luna di traverso
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Credo che i segni siano gli antenati del nostro modo di comunicare. Non riesco, però, ad immaginare quale arguzia ed ingegno e quale situazione contingente abbia spinto uno – probabilmente fra i più acuti ed ingegnosi – dei nostri progenitori a partorirne l’idea. Sarà forse stato per necessità, ma segni e segnali da allora sono diventati la nostra eredità più antica, un patrimonio inestimabile che a tutt’oggi utilizziamo spesso con sufficienza e talvolta con colpevole inconsapevolezza.

Così, il tema Segnali, proposto per questo numero, sembra avere solleticato e sollecitato l’emisfero sinistro del cervello regalandoci una selezione di racconti più emotivi che razionali, pervasi da una sostanziale vena d’ottimismo, e, spesso, di sana ironia. Di primo acchito, il segnale principe percepito dagli autori, quasi fosse palpabile, è la musica. Nonostante l’iperbolica evoluzione del periodo della globalizzazione, l’uomo non riesce – per fortuna – ad allontanarsi da una vita accompagnata dal ritmo di una buona colonna sonora. Sebbene i segni visuali siano quelli maggiormente in grado d’appagare la feroce bramosia degli sguardi, i temi delle buone melodie sembrano incidere maggiormente nelle carni e nelle coscienze. Ci si può riscoprire sereni anche all’indomani di una sonora sbronza, se a svegliarci è un’immortale canzone di Lou Reed. Così, anche se la testa è ancora indolenzita dallo stravizio, sembrano meno gravi quelle idiosincrasie che ci mostrano quanto siamo uguali nella più assoluta diversità, tanto da permetterci di risolvere i problemi con un po’ di sana autoironia.

Per la prima volta – sempre per fortuna – il materiale arrivato non trasuda tristezza e piagnistei da postfallimenti sentimentali, dimostrando che i nostri alchimistici scrittori hanno un orizzonte ben più ampio dell’immaginabile. Piccole paranoie matematiche (citazioni da simpatiche commedie hoolywoodiane); strade polverose che conducono a luccicanti cattedrali commerciali; tenui segnali di fumo che pongono in conflitto studenti con insegnanti, realtà con fantasie, cibarie e teorie filosofiche. Questi gli ingredienti principali utilizzati dagli autori.

E, per ironia della sorte e di uno strano gioco di parole, i loro segni lasciano il segno. Storie di pupari che sognano finali diversi per i poemi interpretati dai loro amati fantocci, tormentati sospetti adulterini che trasformano improvvisati detective in anziani innamorati della propria vecchia compagna, o ancora singolari ed improvvisate visite di figli sbadati ad assenti genitori divoratori di tonno in scatola e di sgangherati principi azzurri cavalcanti ronzini con occhi da fata vezzosa: tutto ciò rappresenta la variegata cornice di un mondo più concreto e reale della realtà. Un mondo in cui le persone si confrontano, si scontrano, si amano, litigano, sperano, soffrono ed amano imparando a raccogliere e disseminare di segnali le proprie vite. In questo modo i nostri nuovi narratori riescono a staccarsi dai luoghi comuni finendo col mettere in dubbio alcune fra le altezzose convinzioni degli uomini moderni. Il mondo dei segnali sarà anche popolato da polverose reminiscenze del passato, ma se lo si osserva con attenzione si può capire con quanta sciocca supponenza l’uomo moderno è convinto che la razionalità vecchia di un paio di millenni possa prevalere in confronto a qualche milionata d’anni d’istinti. Che brutto segnale per chi non ha fede!

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creato:giovedì 4 giugno 2009
modificato:martedì 6 luglio 2010