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ATTILIO BERTOLUCCI. IL VIAGGIO DI NOZZE

Un inedito capitolo del poema "Camera da letto"

  • Esaurito
  • € 15,00

“Questi versi tortuosi, che si dilatano a spirale fino a coprire un’intera poesia, sono debitori alla sintassi della Recherche, e ricordano il segno lasciato sul foglio da un carboncino o pennello che non si stacchi mai dal tracciato. Tutto si racchiude, si consacra in quel punto finalmente privilegiato di eternità. Se la vita fosse degna di esistere, la inseguirebbe con tale avido strazio, con tale bisogno di fermarla per sempre, il poeta?” Con questi pensieri Cesare Garboli concluse, nel 1971, un suo famoso articolo critico a Viaggio d’inverno di Attilio Bertolucci. Garboli rilevava l’alto magistero del poeta parmigiano, “eccentrico e solitario pedalatore […] nelle tarde ore del meriggio ermetico” ed i suoi “impercettibili colpi da «petit maître» secondo una variante insolita, e appunto magistrale, a volta a volta virgiliana, invernale, cioè, nebbiosa, di lume magico, casalingo o crepuscolare, e a volta a volta solare, canicolare e teocritea…” Forse volutamente Garboli parlava di “colpi da «petit maître»” per sottolineare come a quel tempo la particolare vena poetica di Bertolucci potesse riduttivamente (ed erroneamente) apparire a prima vista lontana dal prevalente dibattito che allora animava la coeva poesia italiana. Garboli sottolineava tuttavia (ed ulteriormente lo ribadì nella nota che accompagnava nel 1990 la ripubblicazione di quell’articolo critico del 1971 nel volume Falbalas) come nella poesia di Bertolucci il “discorso tessuto di frasi moderne” fosse in verità “appoggiato a una musica immemorabile”, legata ai ritmi inglesi, al Tasso del Metauro, ad Hardy, a Dylan Thomas, al Teocrito dei Mietitori. Si è voluto qui ricordare il giudizio critico di Garboli perché oggi, passati più di trent’anni, quel giudizio è dai più condiviso ed ai più la poesia di Bertolucci appare indubitabilmente affiancata, spalla a spalla, a quella di Caproni, Luzi e Sereni nel caratterizzare la punta avanzata della poesia italiana del cosiddetto secondo Novecento. Così, quando qualche mese fa, grazie all’aiuto di cortesi amicizie, si è presentata una congiuntura favorevole, che da Parma è scivolata giù a Roma, e sono spuntati tra le carte di Bertolucci (custodite ora da Gabriella Palli Baroni) due capitoli nascosti della famosa Camera da letto, l’occasione tanto a lungo agognata di poter pubblicare nella nostra Collana versi inediti di Attilio Bertolucci ha preso inaspettatamente corpo ed a noi tale occasione è apparsa come un propizio vento nella direzione di quella cultura in senso lato che la Collana, per sua stessa denominazione, ambirebbe raggiungere. Gabriella Palli Baroni, profonda conoscitrice della poesia di Bertolucci, e curatrice di diversi suoi volumi (tra i quali, insieme a Paolo Lagazzi, vi è il Meridiano Mondadori) ha prestato la sua preziosa ed indispensabile opera per una giusta lettura critica e filologica del volume, che vede accompagnate ai bellissimi versi inediti di Bertolucci (che, si è detto, per Garboli ricordavano proprio “il segno lasciato sul foglio da un carboncino o pennello”), tavole consonanti di opere altrettanto inedite di Carlo Mattioli, pittore così vicino al poeta. Come non ricordare, infatti, i versi che Bertolucci dedicò a Carlo Mattioli (in memoriam), nel chiudere la sezione “Versi negli anni” contenuta ne La lucertola di Casarola?

Ho qui sotto gli occhi la prima edizione della Capanna indiana avviluppata da una camiciola rossa – in altre copie verde – che tu decorasti con canne di bambù, e tenere foglioline da te scoperte in tipografia, relitti dimenticati da anni all’avvento d’una moderna scuola di grafica.

Tu miope e pure di vista così acuta che nei molti ritratti di me – senza che posassi – hai messo a nudo la mia malinconia (follia?) il mio amore per Baudelaire e Courbet imitando appena variata la figura del poeta nello studio del pittore.

Grazie a te che sentirai “sgocciolare le nevi dell’inverno il secolo andar via” mentre a me che sto incarcerato in questa città “l’anno muore, assai dolcemente”. Amaramente, se non riesco a fuggir via.

Ivo Iori

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creato:giovedì 4 giugno 2009
modificato:giovedì 13 settembre 2012