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GUARESCHI E IL CINEMA

«Anche Don Camillo, come tutti i film, ha una storia segreta ed è utile raccontarla per evitare ai nostri lettori il fastidio di scriverci. Il fatto è che sono stati interpellati a suo tempo dai produttori tutti i migliori registi italiani, e nessuno ha accettato di dirigere il Don Camillo. Da Blasetti che ha rifiutato in modo simpatico e cordiale, a De Sica che ha rifiutato con cipiglio e con annesse dichiarazioni a “l’Unità”, a Camerini, a Zampa, tutti i migliori registi italiani – chi perché il film tirava in ballo i comunisti e chi invece perché il film tirava in ballo i comunisti – hanno risposto picche. A un bel momento il Partito Comunista intervenne nella lavorazione del film e accusò Duvivier di essersi fatto complice del reazionario autore del Don Camillo per denigrare i lavoratori emiliani. Ci fu un comizio con contraddittorio a Brescello seguito da un comizio assai più clamoroso tenuto dal Guareschi a Reggio Emilia allo scopo di sfidare i comunisti a provare le loro accuse. Non ci è permesso fare critiche preventive: soltanto i comunisti di Reggio Emilia hanno il diritto di criticare un film addirittura prima che venga girato.»
 
«Un bel giorno la centrale rossa di Reggio Emilia si sveglia e compare alle cantonate di Brescello un manifesto contenente davvero delle cose poco carine per tutti quelli del cinematografo e soprattutto per me. La centrale rossa di Reggio Emilia fa entrare in azione il reparto politico-culturale e organizza nel teatro di Brescello un comizio a sfondo cinematografico. Guareschi dice che volentieri inviterebbe politicamente i suoi accusatori a provare queste accuse e la “Gazzetta di Reggio” organizza questo simpatico trattenimento. Il fattaccio accade nel maggior teatro di Reggio Emilia ed è qualcosa di spettacoloso perché è zeppa, oltre al teatro, anche la grande piazza antistante, servita da numerosi altoparlanti.»
 
Questi episodi, che destarono grande scalpore a livello locale e nazionale, vengono raccontati e discussi in una serie di articoli pubblicati dalla “Gazzetta di Reggio”, che a differenza de “l’Unità” e di altri quotidiani della sinistra si schiera dalla parte di Guareschi. Tali avvenimenti, che danno la misura del clima di tensione nel quale si svolse la lavorazione del film, culminarono nel celebre dibattito tra Guareschi e i suoi “accusatori”, avvenuto davanti a un pubblico di ventimila persone. “Baffuto e caro Giovannino ce l’hai fatta! Credevi che da noi ci fosse bisogno di una così folgorante conferma della tua popolarità!”
 
Un altro episodio, che per la sua straordinaria comicità sembra uscito direttamente dalle pagine del Don Camillo, è la scena del corteo di Peppone, introdotto dalla banda del paese. Molti videro in essa lo zampino di Guareschi, ma probabilmente la défaillance dei bandisti fu dovuta a un fortuito, pur se divertente, errore. «Quando si gira la prima scena di massa [...] centinaia e centinaia di persone sono convenute a Brescello da ogni parte per godersi lo spettacolo e c’è enorme aspettativa. Il corteo di Peppone e compagni è preceduto dalla banda musicale, reclutata sul posto, che suonerà Bandiera Rossa. E' la banda di sempre. Per tanti anni ha avuto in repertorio Giovinezza e ora l’ha sostituita con Bandiera Rossa. Quando tutto è pronto e il regista Duvivier dà il via, il corteo si muove e la banda attacca: siccome l’introduzione è sempre la stessa degli anni passati, presi dall’emozione, i bandisti – forza dell’abitudine – finita l’introduzione, invece di imboccare la strada nuova, continuano per la vecchia: Giovinezza. Tutti gli spettatori si divertono da maledetti e c’è veramente di che divertirsi: ma i “compagni” non vogliono ammettere che io sia estraneo alla faccenda.»
  
Parlando della lavorazione del film, i cronisti della “Gazzetta di Reggio” raccontano di episodi che potrebbero ben figurare tra le pagine dei racconti guareschiani, creando così un affascinante intreccio tra realtà e finzione. «La ripresa del film Don Camillo riesce ad assorbire tutta la vita di questa popolazione. Qui si ha l’illusione di vivere le avventure di quel mondo piccolo segnato dall’impronta di don Camillo e di Peppone. Questi protagonisti vivono fra noi. Non si parla che di loro. Ieri in piazza Matteotti si è girata la scena del comizio capeggiato da Peppone e quando egli dal largo palco ha gridato alle masse operaie che pendevano dal suo labbro: “Voi presto avrete tutti la vostra casa e il vostro campicello”, una donna fra la folla delle comparse, volgendosi alla propria vicina ha esclamato: “è ora!”. Davanti ad un caffè si discute naturalmente del prossimo raduno dei cineasti e delle comparse, che non sono poche. E' presente un ben noto operaio che, intervenendo nella discussione, esclama: “Io non vado stamane a far la parte del comunista, neanche se, invece di 800 lire, me ne dessero 1000”. Uno dei presenti gli ha subito risposto: “Ma va’ là, fino a oggi hai fatto il comunista per niente: ma stamattina puoi ben andare a fare il comunista per 1000 lire”. Ed egli è andato.»
  
E' questa la magia del cinema che ha consentito ai personaggi e ai racconti di Guareschi di diventare “più veri del vero”, passando burrascosamente dalla carta stampata alla pellicola di celluloide. Tanto che, dall’uscita del primo film della serie ad oggi, Peppone e don Camillo hanno assunto per noi, e per lo stesso Guareschi, le fisionomie di Gino Cervi e Fernandel, diventando quasi dei personaggi mitici presenti nell’immaginario collettivo anche se perennemente sospesi tra finzione e realtà.
 

 
Trovi questo articolo e molti altri nel volume Le burrascose avventure di Giovannino Gueraschi nel mondo del cinema
Proprietà dell'articolo
creato:lunedì 30 novembre 2009
modificato:lunedì 30 novembre 2009