Nel suo cinquantennale attraversamento della letteratura italiana ed europea, Giacomo Debenedetti ha il più delle volte trasformato il rapporto professionale con gli scrittori da lui considerati i più significativi del proprio tempo in una sincera, umanissima amicizia: basti pensare al legame come tra padre e figlio con Umberto Saba, alla profonda sintonia con Elsa Morante, o ai vivissimi scambi intrattenuti con Pier Paolo Pasolini, Piero Gobetti o Eugenio Montale. Fra questi rapporti, in assoluto uno dei più intensi fu quello con Alberto Savinio: conosciuto fin dal 1937, al momento del trasferimento a Roma, quest’ultimo gli sarà particolarmente vicino negli anni difficili delle leggi razziali. Ma allora, perché proprio di Savinio Debenedetti non si è mai occupato? Perché, fra tutti, solo a lui non è stato dedicato un testo critico? A supplire a tale mancanza viene ora pubblicato il presente studio, fortunosamente rinvenuto fra le carte dell’Archivio Debenedetti di Roma e databile al 1945, che esprime con singolare pregnanza un momento delicatissimo dello sviluppo creativo sia di Debenedetti che di Savinio.
Debenedetti “prende di petto” l’opera dell’amico con un’analisi a tutto campo, estesa alla totalità dei suoi scritti, cercando di affrontarla con gli approcci più disparati: la storia della sua ricezione e la difficile comprensione da parte del pubblico più convenzionale, irta di malintesi; la filiazione diretta con il mondo classico, e la capacità plastica di figurazione; l’ambigua vicinanza con le avanguardie; i temi narrativi e le tangenze con i risultati della psicoanalisi; il rapporto con la pittura, mossa dagli stessi intenti che animano la sezione letteraria della sua opera. Il testo rappresenta in realtà il tributo ad un grande eccentrico, portatore di temi e di esigenze espressive del tutto isolate nel panorama della contemporanea letteratura italiana, e appunto per questo tanto difficile da comprendere per la critica e poi per il pubblico: in questo, Debenedetti non poteva che ravvisare in Savinio un gemello.
Chiudono il volume una serie di testi che contribuiscono a ricostruire il rapporto Debenedetti-Savinio negli anni successivi al 1945: la presentazione inedita di Vita dei fantasmi, letta a Roma nel 1962; un brano della Lettera semiaperta (1960), prefazione ad una raccolta di poesie di Giuseppe Bucciante che si risolve in un omaggio a Savinio; cinque lettere fra Debenedetti e Savinio e Maria Savinio del periodo 1943-52. Adornano il volume dodici tavole inedite di Alberto Savinio, pubblicate per gentile concessione degli Eredi.